Voglio, con più energia di altre volte, dichiarare che le attività sportive e lo sport popolare sono una delle avventure più formative e socializzanti. Nel nome dello sport mettiamo insieme la gente più diversa, riusciamo a canalizzare irruenza, competitività, voglia di vincere, di vivere, di urlare come in nessun altro ambito. La teatralità, il protagonismo, gli interessi, che deformano e distruggono alcuni sportivi, sono presenti sia nello sport, come in altre attività artistiche e no. Ma non ci devono obbligare a demordere e a demotivarci. La società del successo facile e del prodotto garantito, si é insediata a tutti i livelli. Cadere nella trappola che tutto è nero, brutto e sporco, fa tendenza e qualunquismo. Denunciare è più facile che ricominciare a testimoniare. La storia di quarant'anni di prete dei meno fortunati, mi permette di smentire i profeti di sciagure. Ho fatto più bene nelle borgate di Primavalle, con il pallone che con il catechismo. Ho salvato più ragazzi in comunità, attraverso chilometri e chilometri in mountain-bike, che con gli interminabili gruppi di verifica. Ho aiutato più handicappati con lo sport, che con la stantia fisioterapia e logopedia. Nelle periferie della città, gli oratori parrocchiani strapieni di ragazzi che giocano, servono infinitamente di più che i vigili di quartiere. Lasciamo i potenti, che investono nello sport solo per dominare e guadagnare, nel loro brodo. Non togliamo ai genitori e ai giovani, questi piccoli traguardi sportivi. Superare un ostacolo con il cavallo, entrare in un prato verde circondato da gente, buttare dentro il canestro un pallone da tre punti, deve restare un'emozione da batticuore. Anche i sogni usano spesso arrivare con le scarpe da tennis...
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